In natura, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, se si escludono i gas, sono pochi gli elementi che si trovano allo stato “nativo”, ovvero non legati ad altri elementi.
Tra di essi, l’oro è senza dubbio uno dei più preziosi.
Le sue principali caratteristiche, oltre alla lucentezza e la brillantezza, sono la particolare malleabilità, la facilità di taglio (duttilità) oltre alle buone doti di conduzione del calore e dell’elettricità.
In natura generalmente lo si trova sotto forma di cristalli e pepite dalla forma irregolare e rozza.
Nel mondo, la diffusione dell’oro è molto ampia, ma la sua concentrazione è in media così bassa da non rendere conveniente un lavoro di estrazione.
Anche l’acqua del mare, per esempio, contiene oro, ma in una percentuale di 1 grammo ogni 2 mila metri cubi di acqua.
L’estrazione diventa conveniente quando il giacimento aurifero ha almeno 2 – 6 grammi di oro per ogni tonnellata di roccia.
Lo sfruttamento delle rocce, però, è una soluzione che ha preso piede solamente a partire dal XX secolo; prima l’oro veniva estratto attraverso il lavaggio delle sabbie aurifere.
Questo metodo sfrutta il differente peso specifico tra l’oro e gli altri elementi presenti nell’acqua che, essendo più leggeri, vengono trasportati più facilmente dalla corrente.
Utilizzando una grossa scodella (detta batea) sul fondo di essa rimanevano le pagliuzze e le pepite di oro.
Successivamente, un primo processo di espansione del sistema di estrazione sfruttò la creazione di canali di legno, lunghi fino a qualche chilometro, nella cui corrente d’acqua veniva immersa la sabbia aurifera.
L’oro, più pesante, veniva bloccato alla base dei canali da delle traverse appositamente fissate.
Oggi il metodo utilizzato prevalentemente è quello detto “per cianurazione”.
I minerali, precedentemente polverizzati, vengono tenuti in sospensione in una soluzione di cianuro e potassio.
Successivamente, tramite decantazione o filtrazione, l’oro viene separato e, quindi, precipitato allo stato metallico tramite cementazione con polvere di zinco o di alluminio.
L’ultimo passaggio prevede la purificazione dell’oro così ottenuto, che altrimenti è ricco di impurità.
Si procede, così, al lavaggio con una soluzione di acido solforico e una raffinazione per via elettrolitica.
L’oro così lavorato e messo in commercio, generalmente ha una purezza del 999%.
Una delle destinazioni principali del metallo prezioso è quella dei gioielli, fin dai tempi antichi simbolo di potere e regalità.
I primi rudimentali oggetti utilizzati per adornarsi furono conchiglie, denti di pesce, zanne… tutti prodotti rari e difficili da procurarsi; da qui la loro preziosità.
Già queste suppellettili potevano essere lavorate e incise per renderle personali, ma per avere i primi gioielli ottenuti dalla lavorazione dei metalli bisogna attendere l’Età del bronzo.
A questa, verso il 2500 a.C. successe l’Età dell’oro, con gli Egizi, tra i primi ad associare questo metallo alla divinità, così come, dall’altra parte del mondo, fecero i Maya e gli Incas.
Iniziarono così a svilupparsi le prime tecniche di lavorazione dei metalli, portate avanti, nel corso della storia, anche dai Sumeri e dagli Etruschi.
All’oro presto si associò l’uso di pietre preziose, smalti e ceramiche, dando vita a una vera e propria arte del gioiello che si affermò, in particolare, nel Medioevo.
In questo periodo, in particolare, si può ricordare, come gioiello tra i più famosi di sempre, il ciondolo ci Carlo Magno ottenuto da due zaffiri in mezzo ai quali la tradizione vuole ci fosse un pezzo della croce di Cristo.
Ben presto, i gioielli vennero usati anche come simboli in momenti particolari, si pensi ai gioielli della Corona utilizzati nel corso delle incoronazioni.
Solo verso il XV secolo si iniziò a diffondere anche l’uso dei gioielli come segno di bellezza e di ornamento.
Si affermò, allora, la professione del gioielliere e ben presto ne nacque una moda, come testimoniato dalla decisione di Cosimo de’ Medici di destinare le botteghe di Ponte Vecchio, a Firenze, alle botteghe degli orafi.
Il significato modaiolo crebbe notevolmente nel corso del Rinascimento, con i gioielli che si diffusero anche tra la nobiltà come segno della rinnovata voglia di vivere.
Da allora il discorso si è evoluto in una direzione analoga, con il gioiello che è sempre più diventato un segno con cui adornarsi.
Ancora oggi, il gioiello in oro, porta in sé i segni di questa lunga tradizione e di una regalità che non viene meno, nonostante il passare delle mode.